Dopo la marcia per Gaza, ora a Monte Sole la Conferenza di pace”. La manifestazione con migliaia di persone si è conclusa con la richiesta di fare del paese simbolo il luogo delle trattative. Una condanna alla politica di Nethanyau, non un messaggio contro il popolo ebraico
“Ci si potrebbe incontrare a Monte Sole, qui sappiamo come si costruisce il dialogo». Queste parole pronunciate dal palco raccolgono l’applauso delle migliaia di persone che hanno sfidato il caldo torrido per marciare da Marzabotto fino al prato scosceso e assolato del Poggiolo. Servirebbe una Conferenza, che si potrebbe ospitare qui, dove don Dossetti volle fondare la sua Piccola famiglia votata alla preghiera ed al lavoro per la pace, e rinunciare alla distruzione di interi popoli. Basta insomma con il linguaggio delle armi e col «massacro dei palestinesi». Dal palco si chiede «un intervento deciso delle istituzioni italiane ed europee», mentre sul prato bollente e sotto gli alberi che lo circondano, sono assiepati a migliaia. Marzabotto, proprio per la sua storia, non è nuova a farsi carico di messaggi di pace È il popolo di “Save Gaza” che spera che qualcuno fermi Israele. In tantissimi hanno sfidato i 35 gradi e si sono arrampicati per sette chilometri componendo un lungo serpentone colorato. Una marcia che simbolicamente vuole ricordare le marce forzate dei palestinesi costretti a spostarsi nella gabbia in cui vivono ormai da 20 mesi per evitare le bombe che martellano la striscia di Gaza. Ma non si è trattato di una marcia contro il popolo ebraico. Un tema questo, tenuto a precisare da tutti i personaggi invitati sul palco. La proposta di camminare per la libertà del popolo palestinese e per mettere la parola fine alla dolorosa vicenda di Gaza era stata presentata anche al mondo ebraico che ha deciso di non partecipare. A questo proposito, sentiamo Yassine Lafram, presidente delle comunità islamiche in Italia.
