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‘Ndrangheta, a Bologna una base operativa per truffe ai danni dello Stato

Eseguite 8 ordinanze di custodia cautelare, perlopiù destinate a pregiudicati calabresi in contatto con le cosche: nei guai due commercialisti

BOLOGNA – Acquisivano società tramite presta nomi compiacenti e retribuiti mensilmente. Con operazioni di maquillage contabile le facevano apparire floride, in realtà si servivano di queste scatole per commettere una serie di operazioni illecite, a partire dall’incasso di contributi statali. Una volta ottenuto lo scopo, svuotavano le aziende e le facevano fallire, i beni mobili e immobili venivano  distratti tramite riciclaggio o reimpiego. Si tratta di nove società con sede legale operativa a Bologna e Roma, un gioco che andava avanti almeno dal 2010.

Le indagini coordinate dalla Procura distrettuale di Bologna e condotte dalla Polizia di Stato oltre che dalla DIA, e che hanno visto l’impiego di un centinaio di agenti, hanno portato all’esecuzione in Emilia Romagna, Calabria, Lazio, Campania di 8 ordinanze di custodia cautelare, si tratta perlopiù di pregiudicati calabresi in contatto con le cosche di ‘ndrangheta, e di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per un valore di oltre 1,5 milioni di euro.

Gli otto sono accusati di far parte di un’associazione per delinquere con base operativa proprio a Bologna, da qui il nome dell’operazione, Bononia Gate, che si sarebbe macchiata di reati come bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, truffa, evasione, riciclaggio, reimpiego di proventi illeciti e autoriciclaggio. In alcuni casi si ipotizza anche l’aggravante dall’agevolazione mafiosa nei confronti della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli-Molè.

Le indagini della Sezione Investigativa, il Sisco, della Squadra mobile di Bologna, e della DIA sono partite nel 2021. Oltre agli accertamenti tecnici si sono avvalse anche delle informazioni date da alcuni collaboratori di giustizia. Secondo le ricostruzioni degli investigatori il sodalizio era alla costante ricerca di opportunità di investimento economico in Emilia e nel Lazio. 

Grazie alla complicità di due commercialisti, uno bolognese, ora colpito da un obbligo di dimora e dal divieto di esercitare attività contabile per un anno, e uno romano, che avevano il ruolo di “consiglieri” dell’organizzazione. Sarebbero stati loro a suggerire quella che gli inquirenti definiscono la “movimentazione vorticosa di contanti, emissione di fatture per operazioni inesistenti, con l’obiettivo di accedere indebitamente a finanziamenti bancari e mutui agevolati, garantiti dallo Stato mediante l’intermediazione del Mediocredito Centrale, da cui il sodalizio criminale ha ricevuto indebitamente quella cifra di oltre 1 milione e mezzo di euro milioni di euro, oggetto della confisca”.

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