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L’iniziativa da 13 anni entra nel carcere bolognese per portare prima di tutto cultura, quella del saper fare, quella che aiuta a sperare, quella che offre un’occasione

BOLOGNA – L’articolo 27 della Costituzione italiana, in materia di diritto penale, recita: “Le pene devono essere proporzionate al reato commesso. Inoltre, devono mirare alla rieducazione del condannato, favorendone il reinserimento nella società”. E Fare impresa in Dozza incarna proprio la parte relativa alla rieducazione. Perchè è questo l’obiettivo della privazione della libertà, non vendetta, non punizione fine a se stessa, ma un modo per riflettere su quanto fatto e soprattutto trovare una possibilità di riscatto. Fare impresa in Dozza da 13 anni entra nel carcere bolognese per portare prima di tutto cultura, quella del saper fare, quella che aiuta a sperare, quella che offre un’occasione.

La recidiva tra quanti frequentano i corsi è del 10%, a fronte di una media nazionale al 70% di chi dietro le sbarre è lasciato solo. A Fare impresa in Dozza sono tutti volontari e se tanto danno a queste persone che si trovano nel momento più buio della loro vita, tanto ricevono indietro, come ci racconta l’ex progettista, ora in pensione, di Marchesini Group, Riccardo Tommasi.

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