Roberto Cavalieri spiega che le evasioni in caso di benefici sono rare, e comunque “bisogna lavorare anche per il coinvolgimento delle vittime”
BOLOGNA – L’uscita dalla Dozza di prima mattina, il trasferimento in auto con la madre in via Zamboni per discutere la tesi nelle aule di Giurisprudenza alle 9, primo della sessione. Poi la proclamazione, le foto di rito, il pranzo in un locale del centro di Bologna, in via Righi, anche con il patrigno e la nonna, che ha poi salutato all’autostazione: loro diretti in pullman a Bomporto, lui assieme ad un amico – ha detto che avrebbe raggiunto la fidanzata. E da quel momento più nessuna traccia di Andrea Cavallari, il 26enne condannato in via definitiva per la strage alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, dove la notte dell’8 dicembre 2018 morirono sei persone, cinque minorenni e una mamma di quattro figli.
Questa la ricostruzione di quanto successo giovedì scorso. E mentre la Procura di Bologna, in coordinamento con quella di Ancona, ha aperto un fascicolo per il reato di evasione, e sull’episodio continua a indagare la Polizia Penitenziaria, anche il garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri entra nel dibattito che si è aperto sulla decisione del magistrato del Tribunale di Sorveglianza, che ha ha concesso il permesso al ragazzo e non lo ha fatto scortare: una decisione presa sulla base della buona condotta di Cavallari in questi anni di detenzione e del fatto che ha scontato poco più della metà della sua pena.